Il virus Ebola può rimanere nascosto in alcune aree del cervello anche dopo il trattamento con gli anticorpi monoclonali.
A evidenziarlo è un nuovo studio realizzato su macachi della United States Army Medical Research Institute of Infectious Diseasese e pubblicato su Science Translational Medicine.
La latenza del virus Ebola e la sua possibile recrudescenza erano già state accertate in alcuni sopravvissuti, ma non si sa bene quali possano essere le conseguenze di tale recrudescenza, in particolare nei pazienti trattati con gli anticorpi monoclonali.
«Contro la malattia del virus Ebola acuta sono state sviluppate terapie efficaci sia negli umani sia nei primati non umani che sono stati infettati in modo sperimentale.
Tuttavia, resta poco chiaro il rischio di persistenza virale e di un'associata recrudescenza della malattia nei sopravvissuti che hanno ricevuto tali terapie», spiega uno degli autori, Xiankun Zeng, che in un’analisi precedente aveva già dimostrato la capacità del virus di nascondersi nelle camere vitree degli occhi.
Lo studio ha evidenziato come in certi macachi trattati con gli anticorpi monoclonali e sopravvissuti all’infezione il virus continuasse a resistere nel sistema ventricolare del cervello, anche se era stato già eliminato dagli altri organi. I medici hanno rilevato segni dell’infezione in queste aree del cervello dei macachi, che alla fine sono morti.
«Fortunatamente, con i vaccini e le terapie con anticorpi monoclonali approvati, siamo in una posizione decisamente migliore per contenere i focolai», ha affermato Zeng. «Tuttavia, il nostro studio rinforza la necessità di un follow-up a lungo termine dei sopravvissuti alla malattia del virus Ebola, persino nei sopravvissuti trattati con gli anticorpi monoclonali, in modo da prevenire la recrudescenza. Questo servirà a ridurre il rischio di ri-apparizione della malattia, aiutando anche a prevenire la futura
stigmatizzazione dei pazienti», ha concluso il ricercatore.