Uno dei luoghi maggiormente a rischio di contagio da Sars-CoV-2 è purtroppo il posto di lavoro. Lo dicono i dati pubblicati dall’Inail, secondo cui...
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Covid, decessi di età inferiore ai 50 anni
Al 30 marzo 2021 sono 1188, dei 106.789 (1,1%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 282 di questi avevano meno di 40 anni (172 uomini e 110 donne con età compresa tra 0 e 39 anni). Di 80 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri pazienti, 164 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 38 non avevano diagnosticate patologie di rilievo.
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Perchè i medici non seguono le indicazioni dell'EMA??
Dopo i casi di trombosi emersi nelle scorse settimane in alcuni soggetti che avevano ricevuto il vaccino di AstraZeneca contro Covid-19, l’Ema ha aggiornato le indicazioni per gli operatori sanitari.
«Casi di trombosi e trombocitopenia, alcuni dei quali si presentano a livello di vena mesenterica o vena cerebrale/seno venoso cerebrale», spiega la nota pubblicata dall’Ema. Le nuove informazioni verranno comunicate direttamente a chi prescrive, distribuisce o somministra il prodotto.
L’Ema si rivolge direttamente anche ai pazienti, che devono cercare assistenza medica immediata «in caso di affanno, dolore al petto o allo stomaco, gonfiore o sensazione di freddo a un braccio o una gamba, mal di testa grave o in peggioramento o visione offuscata dopo la vaccinazione, sanguinamento persistente, piccoli lividi multipli, macchie rossastre o violacee o vesciche di sangue sotto la pelle»
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Uno dei luoghi maggiormente a rischio di contagio da Sars-CoV-2 è purtroppo il posto di lavoro. Lo dicono i dati pubblicati dall’Inail, secondo cui i contagi comunicati superano ormai quota 150mila dall’inizio della pandemia.
Per la precisione, le infezioni di origine professionale segnalate all’Istituto dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 28 febbraio sono 156.766, pari a circa un quarto del complesso delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’Inail dal gennaio 2020 e al 5,4% del totale dei contagiati comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Rispetto alle 147.875 denunce rilevate dal monitoraggio mensile precedente, i casi in più sono 8.891 (+6,0%).
Nel solo mese di novembre un quarto delle denunce. La “seconda ondata” di contagi – i cui effetti non sono evidentemente terminati nello scorso anno, proseguendo soprattutto a gennaio e, in misura più contenuta, a febbraio – ha avuto un impatto più intenso della prima anche in ambito lavorativo e non solo per la presenza di due mesi in più: il periodo ottobre 2020-febbraio 2021 incide, infatti, per il 64,4% sul totale delle denunce di infortunio da Covid-19, esattamente il doppio rispetto al 32,2% del trimestre marzo-maggio 2020. Le denunce si sono concentrate nei mesi di novembre (24,5%), marzo (18,1%), ottobre (15,3%), dicembre (15,2%), aprile (11,7%), maggio (2,4%) e settembre (1,2%) del 2020, e nei mesi di gennaio (7,7%) e febbraio (1,7%) del 2021, per un totale del 97,8%. Il restante 2,2% riguarda gli altri mesi dell’anno scorso: febbraio (0,7%), giugno e agosto (0,6% per entrambi) e luglio (0,3%), oltre a 19 casi relativi al gennaio 2020.
Due morti su tre nella “prima ondata” della pandemia. A differenza del complesso dei contagi, per i casi mortali è la prima ondata ad avere avuto un impatto più significativo della seconda: il 67,8% dei decessi, infatti, è stato denunciato nel trimestre marzo-maggio 2020 contro il 29,6% del periodo ottobre 2020-febbraio 2021. Le morti da Covid-19 segnalate all’Istituto allo scorso 28 febbraio sono 499, circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro denunciati all’Inail dal gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al numero dei deceduti nazionali da Covid-19 registrati dall’Iss alla fine di febbraio. Rispetto ai 461 casi rilevati dal monitoraggio al 31 gennaio, i decessi sono 38 in più, di cui otto a febbraio e sei a gennaio del 2021, 14 a dicembre e sette a novembre dello scorso anno, mentre i restanti tre decessi sono riconducibili ai mesi precedenti. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni prima non disponibili.
Vibo Valentia, Campobasso e Lecco le province con i maggiori incrementi percentuali su base mensile. L’analisi territoriale, approfondita anche attraverso le schede regionali, evidenzia una distribuzione delle denunce del 44,6% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 26,5%), del 24,3% nel Nord-Est (Veneto 10,7%), del 14,5% al Centro (Lazio 6,1%), del 12,1% al Sud (Campania 5,5%) e del 4,5% nelle Isole (Sicilia 3,0%). Le province con il maggior numero di contagi dall’inizio della pandemia sono Milano (10,2%), Torino (7,1%), Roma (4,8%), Napoli (3,7%), Brescia (2,7%), Varese e Verona (2,6% per entrambe) e Genova (2,5%). Milano è anche la provincia che registra il maggior numero di infezioni di origine professionale accadute nel solo mese di febbraio 2021, seguita da Ancona, Roma, Torino, Napoli, Brescia, Perugia e dalla provincia autonoma di Bolzano. Le province che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di gennaio sono però quelle di Vibo Valentia (+34,1%), Campobasso (+26,2%), Lecco (+20,5%), Crotone (+20,5%), Reggio Calabria (+19,4%), Perugia (+18,1%), Ancona (+16,7%) e Isernia (+16,3%).
Nel Nord-Ovest il 47,5% dei casi mortali. Concentrando l’attenzione sui soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 47,5% (prima la Lombardia con il 33,9%), mentre il Sud, con il 20,9% dei decessi denunciati (contro il 12,1% riscontrato sul complesso delle denunce), precede il Centro (14,8%), il Nord-Est (12,2% rispetto al 24,3% delle denunce totali) e le Isole (4,6%). Le province che contano più casi mortali dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo e Milano (9,0% per entrambe), Napoli (6,8%), Roma (6,2%), Brescia (5,2%), Torino (4,0%), Cremona (3,8%) e Genova (3,2%).
Più contagi tra le lavoratrici in tutte le regioni a eccezione di Sicilia e Campania. A morire sono soprattutto gli uomini (83,0%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (71,4%), over 64 anni (19,0%) e 35-49 anni (8,6%), mentre tra gli under 34 si registra l’1% dei decessi. Il rapporto tra i generi si inverte prendendo in considerazione tutti i contagi sul lavoro da Covid-19. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,6%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 47,0% e del 45,3%.
L’età media è di 46 anni, ma sale a 59 per i deceduti. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi (59 per i deceduti). Il 42,1% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,8%), under 34 anni (19,2%) e over 64 anni (1,9%). L’86,0% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,0% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 21,0% dei contagiati stranieri), peruviani (13,2%), albanesi (8,0%), moldavi (4,4%) ed ecuadoriani (4,3%). Nove morti su 10 sono italiani (90,4%), mentre le comunità straniere con più casi mortali sono quelle peruviana (con il 18,8% dei decessi dei lavoratori stranieri), albanese (12,5%) e rumena (10,4%).
Quasi sette contagiati su 10 nella sanità e assistenza sociale. La stragrande maggioranza dei contagi e dei decessi (rispettivamente 97,6% e 91,4%) ricade nell’Industria e servizi, con i restanti casi distribuiti nelle gestioni assicurative per Conto dello Stato (amministrazioni centrali dello Stato, scuole e università statali), Agricoltura e Navigazione. Il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si conferma al primo posto tra le attività produttive con il 68,4% delle denunce e il 27,1% dei casi mortali codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,0% dei casi mortali.
Manifatturiero e trasporti gli altri settori con più casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono il noleggio e servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), al secondo posto per numero di decessi con il 12,3% del totale, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il trasporto e magazzinaggio (11,7% dei decessi), le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere), le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e il commercio all’ingrosso e al dettaglio.
Un terzo dei decessi tra il personale sanitario e socio-assistenziale. Dall’analisi per professione dell’infortunato emerge come circa un terzo dei decessi riguardi il personale sanitario e socio-assistenziale. La categoria dei tecnici della salute, in particolare, è quella più coinvolta dai contagi, con il 39,0% delle denunce complessive, l’82,8% delle quali relative a infermieri, e l’11,7% dei casi mortali codificati (il 68,4% infermieri). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,3% delle denunce (e il 4,9% dei decessi), i medici con il 9,0% (6,8% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 7,3% (2,9% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (4,1% dei decessi). Tra le altre professioni spiccano gli impiegati amministrativi, con il 4,0% delle denunce e l’11,1% dei casi mortali, gli addetti ai servizi di pulizia, i conduttori di veicoli e i direttori e dirigenti amministrativi e sanitari.
L’andamento delle infezioni per professione. L’andamento dei contagi per mese di accadimento mostra per le professioni sanitarie una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi tra le prime due fasi della pandemia e un incremento nella terza. I tecnici della salute (prevalentemente infermieri), in particolare, sono passati dal 39,2% del primo periodo, fino a maggio compreso, al 23,5% del trimestre giugno-settembre, per poi ritornare al 39,5% nel periodo ottobre 2020-febbraio 2021. Allo stesso modo i medici, scesi dal 10,1% della fase di “lockdown” al 5,5% di quella “post lockdown”, hanno fatto registrare un’incidenza dell’8,6% nella “seconda ondata” dei contagi. Altre professioni, con la ripresa delle attività, hanno visto invece aumentare l’incidenza delle infezioni tra le prime due fasi e registrato una riduzione nella terza. È il caso, per esempio, degli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,7% di giugno-settembre e allo 0,6% tra ottobre e febbraio), degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (passati dallo 0,6% all’1,5% e poi allo 0,8%) e degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari (dallo 0,2% al 4,3% fino allo 0,1%).
Molto difficile dare risposte sulla dermatologia tramite foto, consiglio vivamente la visita dermatologica di persona
Nell'accesso alle dosi saranno comunque privilegiate due categorie: le persone più esposte al rischio Covid (dai sanitari alle forze dell'ordine) e quelle fragili (anziani in primis).
Chi si vaccinerà contro il Covid riceverà una sorta di patentino. La novità è stata annunciata dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri. «Stiamo progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire - ha spiegato Arcuri - la verifica della somministrazione per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto». Sarà il ministero della Salute a stabilire i dettagli di questo «certificato di vaccinazione». Nell'accesso alle dosi saranno comunque privilegiate due categorie: le persone più esposte al rischio Covid (dai sanitari alle forze dell'ordine) e quelle fragili (anziani in primis).
Ipotesi obbligo vaccinazione per fasce d’età
Il tema dell'obbligatorietà non è stato ancora affrontato. Ed è certo che il piano sui vaccini andrà anche in Parlamento. Per il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, però «dovrebbe essere inserita un'obbligatorietà per fasce d'età». Lo schema «dovrebbe ricalcare quello del vaccino antinfluenzale», con una particolare attenzione alle fasce fragili e ai soggetti anziani, i più esposti ai rischi del coronavirus. Per una «protezione di gregge», ha detto scegliendo una definizione diversa rispetto a “immunità di gregge”, è necessario che una ampia fascia della popolazione si vaccini. Per il professor Andrea Crisanti, bisognerebbe superare la soglia del 70% per arrivare a risultati efficaci. Anche alla luce di queste considerazioni, ha ribadito Sileri, «servirebbe un'obbligatorietà legata alle fasce d'età. A mio avviso servirà tutto il 2021 per la vaccinazione».
Piano vaccinazione da completare entro settembre
Il primo vaccino sarà quello di Pfizer «con 3,4 milioni di dosi che arriveranno nella seconda metà di gennaio per vaccinare 1,7 milioni di italiani visto che serviranno due dosi» ha assicurato il commissario Arcuri, confermando l'arrivo delle prime dosi di vaccini nelle prossime settimane a cui ne seguiranno molte altre per vaccinare gran parte degli italiani entro settembre. «Ma non conosciamo quanti italiani vorranno farsi il vaccino».
Al via il bando per le siringhe
Arcuri ha anche annunciato che partirà lunedì il bando per le siringhe e gli aghi che dovranno essere acquistate per rendere certa la somministrazione per il primo e gli altri vaccini in arrivo. Un acquisto molto corposo per alcune decine di milioni di dispositivi: le tipologie di siringhe sono almeno tre e le misure degli aghi almeno sei. Un bando, questo, che segue quello di altri Paesi come la Spagna, la Francia e la Germania che hanno già ordinato decine di milioni di siringhe di precisione. «Le cercheremo se serve all'estero, ma c'è una industria nazionale che credo si aspetti di poter fare la sua parte anche su questo aspetto», ha concluso Arcuri. Che attende dalle Regioni la lista di ospedali e Rsa da dove si comincerà la vaccinazione a gennaio.
I vaccini in pista
Nuove buone notizie arrivano intanto dai laboratori. Il vaccino in sperimentazione dell'università di Oxford, Irbm e Astrazeneca è ben tollerato, soprattutto negli anziani, e induce una protezione immunitaria simile a quella vista nei giovani adulti, come indicano i risultati della fase 2 pubblicati sulla rivista Lancet. Dati che si aggiungono a quelli anticipati da Pzifer e Moderna nei giorni scorsi sull'efficacia dei loro vaccini, che sembrano però provocare in alcune persone effetti collaterali intensi, anche se non pericolosi e di breve durata, ma su cui la rivista Science chiede trasparenza nella comunicazione. Stando ai dati citati da Science sui vaccini a Rna di Pfizer e Moderna, meno del 2% dei volontari ha avuto febbre alta tra 39 e i 40 gradi e con quello di Moderna il 9,7% ha riportato fatica, l'8,9% dolori muscolari, il 5,2% dolori alle articolazioni e il 4,5% mal di testa.
Vaccino Covid, si parte a gennaio tra patentino e ipotesi di ‘obbligo a fasce’ in base all’età. Il piano prende forma, come ha spiegato il commissario Domenico Arcuri.
“Stiamo disegnando un piano dei vaccini, il primo sarà quello di Pfizer e all’Italia arriveranno 3,4 milioni di dosi nella seconda parte di gennaio, che serviranno a vaccinare 1,7 milioni di italiani perché a ogni persona dovranno essere somministrate due dosi”, ha detto.
Il prodotto Pfizer richiede condizioni particolari per la conservazione, con temperature di circa -70/-80 gradi. I frigoriferi “ci sono”, ha detto Arcuri. “Martedì scorso abbiamo inviato alle Regioni una lettera in cui chiediamo di indicarci entro domani i luoghi di destinazione, dove si ritiene più proficuo far arrivare i vaccini. La distribuzione la farà direttamente la Pfizer”, ha aggiunto.
“Sulla base di previsioni non ancora validate una parte importante della popolazione entro il terzo trimestre 2020 sarà vaccinata”, ha detto Arcuri, auspicando che “nel corso del 2021 la somministrazione del vaccino avvenga su larga scala”. Arcuri ha sottolineato in ogni caso che al momento “non sappiamo quanti italiani vorranno fare il vaccino”.
“Stiamo progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire la verifica della somministrazione per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto, per seguire la tracciabilità dei beni sul territorio”, ha detto Arcuri, rispondendo a una domanda sull’ipotesi di un patentino. La soluzione “sarà possibile e sarà il ministero della Salute a stabilire le modalità”.
Si è spinto oltre il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri: “Dovrebbe essere inserita un’obbligatorietà per fasce d’età“, ha detto intervenendo a Piazzapulita. Lo schema “dovrebbe ricalcare quello del vaccino antinfluenzale”, con una particolare attenzione alle fasce fragili e ai soggetti anziani, i più esposti ai rischi del coronavirus.
Per una “protezione di gregge”, ha detto scegliendo una definizione diversa rispetto a ‘immunità di gregge’, è necessario che una ampia fascia della popolazione si vaccini. Per il professor Andrea Crisanti, bisognerebbe superare la soglia del 70% per arrivare a risultati efficaci. Anche alla luce di queste considerazioni, ha ribadito Sileri, “servirebbe un’obbligatorietà legata alle fasce d’età. A mio avviso servirà tutto il 2021 per la vaccinazione”.
Il vaccino contro il Covid-19 sviluppato dalla società AstraZeneca in collaborazione con l'Università di Oxford produce una “forte risposta immunitaria negli anziani”. È quanto risulta dai dati dei primi studi pubblicati sulla rivista medica The Lancet. I risultati della fase uno e della fase due suggeriscono che uno dei gruppi più a rischio di morte o malattia grave da Covid-19 sia in grado di costruire l’immunità. Circa 560 volontari adulti sani hanno preso parte ai test di fase due, in cui sono state somministrate due dosi del candidato vaccino, o un placebo. Non sono stati segnalati effetti collaterali gravi, si legge nella relazione. “Le risposte immunitarie dei vaccini sono spesso diminuite negli anziani perché il sistema immunitario si deteriora gradualmente con l'età, il che rende anche gli anziani più suscettibili alle infezioni. Di conseguenza, è fondamentale che i vaccini Covid-19 siano testati in questo gruppo che è anche un gruppo prioritario per l'immunizzazione”, ha spiegato l'autore principale dello studio, il professor Andrew Pollard, dell'Università di Oxford, Regno Unito. “Le robuste risposte di anticorpi e cellule T osservate nelle persone anziane nel nostro studio sono incoraggianti. Le popolazioni a maggior rischio di malattia grave da Covid-19 includono persone con problemi di salute pregressi e adulti più anziani. Ci auguriamo che questo significhi che il nostro vaccino aiuterà a proteggere alcune delle persone più vulnerabili della società, ma saranno necessarie ulteriori ricerche prima di poter essere sicuri”, ha spiegato il coautore, il dottor Maheshi Ramasamy, dell'Università di Oxford
La pandemia da coronavirus non ha posto fine all’inferno dei wet market, i cosiddetti “mercati umidi”, un termine che deriva proprio dal pavimento scivoloso creato dal sangue e dalle viscere animali cadute a terra e dall’acqua usata per spazzarli via.
A dimostrarlo una video-inchiesta realizzata nelle città di Wuhan, Guangzhou, Dongguan, Guilin, Nanning e Liuzhou in Cina durante il mese di maggio 2020, quando ormai la pandemia si era ampiamente diffusa in tutto il mondo.
Le immagini, realizzate dagli attivisti locali e diffuso da Animal Equality, rivelano che nonostante i terribili mesi che hanno completamente cambiato la vita così come la conosciamo, nei wet market si continuano a vendere e a uccidere animali come tartarughe, rane, anatre, oche, piccioni e altri, riunendo specie che in natura non vivrebbero mai insieme, aumentando così il rischio di trasmissione di malattie tra l'uomo e gli animali.
Non è la prima volta che Animal Equality si infiltra in questi mercati asiatici dove vengono venduti per il consumo animali vivi e morti, selvatici e domestici. Nel 2014 e all'inizio del 2020 abbiamo pubblicato immagini scioccanti dei wet market di Cina, Vietnam e India, che testimoniano l'incuria e la crudeltà con cui questi luoghi operano.
La pandemia da coronavirus non ha chiuso i wet market, la videoinchiesta nell’inferno dei mercati cinesi
«Il nostro team di investigatori ha deciso che era importante monitorare la situazione nei wet market per vedere se con la pandemia le cose fossero cambiate – commenta Alice Trombetta, direttrice di Animal Equality in Italia – . Abbiamo voluto onorare l’impegno preso con l’oltre mezzo milione di persone che avevano già firmato la nostra petizione per aiutare questi animali vengono venduti e uccisi senza la minima considerazione e per porre fine al rischio che questi luoghi rappresentano per l'umanità».
E la sofferenza non è solo un problema per gli animali stessi: a causa delle condizioni di gestione e trasporto, gli animali raggiungono livelli di stress così elevati che il loro sistema immunitario si indebolisce rapidamente, creando così un ambiente perfetto per la diffusione di malattie pericolose.
«È davvero preoccupante vedere le condizioni in cui gli animali vengono trasportati e scambiati in questi luoghi, ma le uccisioni sono ancora peggiori. Gli animali vengono scelti dagli acquirenti e, pienamente coscienti, vengono crudelmente macellati senza alcun controllo sanitario. La situazione non è migliorata per niente», continua Alice Trombetta.
Chiudere i wet market, dove vengono venduti e macellati animali di ogni specie, è l’unico modo per porre fine alle sofferenze degli animali che vivono e muoiono quotidianamente in questi luoghi. Allo stato attuale la petizione di Animal Equality ha già superato le 530mila firme che chiedono la chiusura definitiva di queste realtà.
A fine gennaio 3,4 milioni di dosi di vaccino anti-Covid, da destinare prima agli ospedali e alle Rsa, e una campagna su larga scala a partire dai più fragili.
A fine gennaio in Italia 3,4 milioni di dosi di vaccino anti-Covid, da destinare prima agli ospedali e alle Rsa, e una campagna su larga scala a partire dai più fragili. È quanto prevede una comunicazione inviata dal commissario Domenico Arcuri alle Regioni e, per conoscenza, ai ministri della Salute e degli Affari regionali, per la predisposizione del futuro piano vaccini anti-Covid.
“Come noto – si legge nella comunicazione – l’Italia ha aderito all’iniziativa dell’Ue per l’acquisto del più ampio portafoglio possibile di vaccini” e i primi “potrebbero essere disponibili già a partire dai primi mesi del prossimo anno”.
“In particolare – scrive Arcuri – il vaccino Pfizer, il cui iter di validazione sembra essere, ad oggi, il più avanzato, permetterebbe all’Italia di disporre già da fine gennaio 2021 di circa 3,4 milioni di dosi da somministrare a 1,7 mln di persone. È necessario, pertanto, scegliere il target di cittadini a cui somministrare le prime dosi disponibili”.
Sicuramente se hai i linfociti bassi sei più a rischio ma non solo per il covid ma per tutte le malattie infettive. Usa sempre una mascherina adeguata FFP2, cambiala spesso e mantiene le distanze di almeno 2 metri. Evita i locali non areati in presenza di assembramenti
Salve dipende se il pene e venuto in contatto con la mucosa anale del soggetto. Il contagio avviene se c'è contatto diretto tra la pelle del pene e la mucosa anale. Bisogna sempre fare attenzione nel momento di uscita. Non importa se sia occasionale o no bisogna sempre proteggersi a meno di non chiedere le analisi di tutte le possibili malattie sessualmente trasmissibili dalle Epatiti all' aids
Ciao. Non credo che il tagliente fosse sanguinante tanto da far cadere delle gocce di sangue sulla pelle. Se uno sanguina normalmente si mette un cerotto. La prossima volta per scrupolo chieda al barbiere di mettersi un cerotto. Ma come ripeto sono scrupoli