"La pelle può essere spia di malattie e questo aspetto, purtroppo, è ancora poco considerato". Così Ketty Peris, presidente della Società italiana...
Covid e psicosi.
Per un piccolo numero di pazienti, che non ha mai sofferto prima di problemi di salute mentale, sono stati segnalati sintomi psicotici settimane dopo aver contratto il virus, di solito in forma lieve. I casi sono stati riportati in varie parti del mondo, tra cui Usa e Spagna, come documentano due studi pubblicati su Lancet Psychiatry e Psychiatry research. Ad esaminare alcuni di questi malati è stato Hisam Goueli, un medico del South Oak Hospital di Amityville, nello stato di New York, come riporta il New York Times. Tra questi una donna di 42 anni, madre di 4 figli tra i 2 e 10 anni, che in primavera si era ammalata di Covid in forma lieve, e che durante l'estate ha iniziato a sentire una voce che le diceva prima di uccidersi e poi di uccidere i suoi figli. Dopo questo primo caso, su cui il collegamento tra disturbi psicotici e virus era solo un'ipotesi, casi simili sono stati segnalati nel paese e anche in altre parti del mondo. Un ragazzo di 30 di New York ha immaginato che suo cugino stesse per ucciderlo, e così per proteggersi a provato a strangolarlo
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Mario Balzanelli, presidente del 118 nazionale, ha avanzato la proposta dell'obbligatorietà della visiera non solo attraverso i canali mediatici ma anche direttamente scrivendo ai politici.
È indispensabile che si rafforzino le misure di protezione individuale: l'uso della visiera anti-droplets dovrebbe essere reso obbligatorio ogni volta che non si può mantenere la distanza interpersonale, come sul bus, in metropolitana o a scuola. Il virus entra nell'occhio poi scende lungo il canale naso- lacrimale. Coprendo contemporaneamente occhi, naso e bocca, quindi le tre porte di ingresso del virus nel nostro organismo, siamo più protetti, sostiene Balzanelli.
Bambini e COVID19
Finlay McAlister, dell'University of Alberta è autore di uno studio che ha analizzato i dati di 2.463 bambini testati durante la prima ondata di pandemia per l'infezione da Sars-CoV-2. 1.987 bambini hanno avuto un risultato positivo al test e 476 hanno avuto un risultato negativo. Dei bambini risultati positivi, il 35,9% ha riferito di essere asintomatico. Data questa situazione, McAlister ritiene che la provincia dell'Alberta abbia fatto una buona scelta decidendo di chiudere più a lungo le scuole nel periodo natalizio. «Per quanto ne sappiamo, i bambini hanno meno probabilità di diffondere la malattia rispetto agli adulti, ma il rischio non è zero» afferma il ricercatore. I ricercatori hanno anche scoperto che sebbene tosse, naso che cola e mal di gola fossero tre dei sintomi più comuni tra i bambini con l'infezione, manifestandosi rispettivamente nel 25%, 19% e 16% dei casi, questi sintomi erano in realtà leggermente più comuni tra i bambini risultati negativi al test, e quindi non possono essere considerati predittivi di un test positivo.
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A Roma e nel sud dell'Italia ci sarebbero state infezioni da Sars-CoV-2 alla fine del 2019?
Gli infettivologi del Policlinico universitario Gemelli Irccs hanno risposto di no in una lettera di ricerca pubblicata su Clinical Microbiology and Infection .
I ricercatori hanno voluto capire se anche a Roma potesse essersi verificata una situazione simile al Nord Italia, e per questo hanno studiato 451 soggetti HIV positivi seguiti presso l'ambulatorio di malattie infettive del Policlinico Gemelli nel periodo compreso tra dicembre 2019 e fine febbraio 2020. Gli esperti hanno cercato in questi pazienti la presenza di anticorpi senza trovarli
Dalla collaborazione del dottor Enrico Ammirati, cardiologo del Cardio Center dell'ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, supportato dalla...
Il primo caso di grave reazione allergica al vaccino anti-Covid prodotto da Pfizer e Biontech è stato registrato in Alaska, dove un’operatrice...
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Una pagina per chiarire i dubbi sulle Malattie infettive.
In questo gruppo parliamo dei problemi riguardanti le malattie che si possono trasmettere. Qui potrai inserire le tue domande, chiarire i tuoi dubbi, leggere gli articoli degli specialisti, contattare i medici, segnalare le strutture sanitarie specializzate, commentare i messaggi degli utenti, mettere 'mi piace', raccontare la tua esperienza personale e scambiare informazioni con persone che condividono la tua stessa malattia
"La pelle può essere spia di malattie e questo aspetto, purtroppo, è ancora poco considerato". Così Ketty Peris, presidente della Società italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST) e direttrice dell'Unità operativa complessa di Dermatologia del Policlinico Gemelli di Roma, commenta all'agenzia Dire lo studio internazionale coordinato dall'Università Statale di Milano che ha indagato le biopsie cutanee dell'autunno 2019 riscontrando il virus Sars-CoV-2 in una giovane paziente affetta solo da una dermatosi.
"Sicuramente questo studio è molto importante - ha proseguito Peris - perché dimostra che la pelle può essere un 'segno' del Covid anche quando i sintomi sono pochi. È da tempo in realtà che raccogliamo dati e ci sono diversi lavori pubblicati da dermatologi che mostrano le manifestazioni cutanee in corso di Covid. È chiaro che, rispetto a chi ha problemi respiratori, l'aspetto 'meno grave' della malattia, come può essere appunto una manifestazione cutanea, tende di solito ad essere meno considerato. Ma questo non è corretto, perché come abbiamo visto può essere estremamente importante: quella paziente, anche se di fatto paucisintomatica, era positiva. E chissà quante persone avrà infettato".
Finora, dagli studi, è emerso che circa nel 20% dei malati di Covid compaiono rash cutanei "simili a varicella, orticaria o vescicole, quindi molto affini a quelle che vediamo in corso di altre manifestazioni virali. Sono più frequenti al tronco, ma possono essere diffuse su tutto il corpo. Ci sono poi lesioni rosse e violacee in particolare sulle estremità delle dita di piedi e mani, simili ai geloni provocati dal freddo eccessivo, che si sono manifestate soprattutto in bambini e adolescenti, per lo più del tutto asintomatici".
Ma quali sono i principali campanelli d'allarme, o meglio gli 'indizi' sulla cute che possono farci pensare al Covid? Sono riconoscibili oppure assimilabili ad altre patologie della pelle? "È fondamentale ovviamente fare una diagnosi differenziale. Se per esempio una persona ha una manifestazione diciamo di tipo allergico, è importante distinguere se si tratta veramente di un'allergia oppure di una reazione che potrebbe essere assimilabile o simile e dovuta al virus. La prima cosa da indagare, allora, è se il paziente ha qualche altro sintomo, magari anche non eclatante, come febbricola o diarrea, che però può far sospettare. In questi casi ci si può sottoporre al test".
In molti, in questi mesi di emergenza sanitaria, hanno però preferito evitare gli ospedali rimandando le visite per timore di contrarre il virus. "Gli ospedali sono posti sicuri e le persone non devono temere nulla - ha tenuto a sottolineare la dermatologa del Gemelli - Noi siamo aperti e abbiamo certamente delle regole da rispettare, a partire dal distanziamento tra una visita all'altra per evitare sale d'attesa sovraffollate; inoltre igienizziamo lo studio a ogni paziente che riceviamo. Certo, questo rallenta un po' il nostro lavoro, ma non azzera l'assistenza sanitaria. Bisogna assolutamente dire alle persone che se hanno bisogno devono andare in ospedale".
Un'ultima domanda, infine, sull'utilizzo costante delle mascherine. Quanto sta soffrendo la nostra pelle e quali rimedi possiamo adottare? "La nostra pelle effettivamente in questo momento è un po' in sofferenza. A risentirne sono soprattutto quelle persone che soffrivano già in passato di altre patologie della pelle, come la psoriasi, la dermatite seborroica o la dermatite atopica, quindi di malattie che interessano anche il volto e che con l'uso della mascherina sono ritornate o peggiorate. L'unico consiglio è idratarsi molto, detergersi bene e usare prodotti in maniera appropriata, quindi saponi non saponi e buone creme idratanti. Lo stesso - ha concluso Peris - vale per i bambini in età scolare, costretti a utilizzare per molte ore in classe la mascherina, e per gli adolescenti".
Nell'accesso alle dosi saranno comunque privilegiate due categorie: le persone più esposte al rischio Covid (dai sanitari alle forze dell'ordine) e quelle fragili (anziani in primis).
Chi si vaccinerà contro il Covid riceverà una sorta di patentino. La novità è stata annunciata dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri. «Stiamo progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire - ha spiegato Arcuri - la verifica della somministrazione per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto». Sarà il ministero della Salute a stabilire i dettagli di questo «certificato di vaccinazione». Nell'accesso alle dosi saranno comunque privilegiate due categorie: le persone più esposte al rischio Covid (dai sanitari alle forze dell'ordine) e quelle fragili (anziani in primis).
Ipotesi obbligo vaccinazione per fasce d’età
Il tema dell'obbligatorietà non è stato ancora affrontato. Ed è certo che il piano sui vaccini andrà anche in Parlamento. Per il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, però «dovrebbe essere inserita un'obbligatorietà per fasce d'età». Lo schema «dovrebbe ricalcare quello del vaccino antinfluenzale», con una particolare attenzione alle fasce fragili e ai soggetti anziani, i più esposti ai rischi del coronavirus. Per una «protezione di gregge», ha detto scegliendo una definizione diversa rispetto a “immunità di gregge”, è necessario che una ampia fascia della popolazione si vaccini. Per il professor Andrea Crisanti, bisognerebbe superare la soglia del 70% per arrivare a risultati efficaci. Anche alla luce di queste considerazioni, ha ribadito Sileri, «servirebbe un'obbligatorietà legata alle fasce d'età. A mio avviso servirà tutto il 2021 per la vaccinazione».
Piano vaccinazione da completare entro settembre
Il primo vaccino sarà quello di Pfizer «con 3,4 milioni di dosi che arriveranno nella seconda metà di gennaio per vaccinare 1,7 milioni di italiani visto che serviranno due dosi» ha assicurato il commissario Arcuri, confermando l'arrivo delle prime dosi di vaccini nelle prossime settimane a cui ne seguiranno molte altre per vaccinare gran parte degli italiani entro settembre. «Ma non conosciamo quanti italiani vorranno farsi il vaccino».
Al via il bando per le siringhe
Arcuri ha anche annunciato che partirà lunedì il bando per le siringhe e gli aghi che dovranno essere acquistate per rendere certa la somministrazione per il primo e gli altri vaccini in arrivo. Un acquisto molto corposo per alcune decine di milioni di dispositivi: le tipologie di siringhe sono almeno tre e le misure degli aghi almeno sei. Un bando, questo, che segue quello di altri Paesi come la Spagna, la Francia e la Germania che hanno già ordinato decine di milioni di siringhe di precisione. «Le cercheremo se serve all'estero, ma c'è una industria nazionale che credo si aspetti di poter fare la sua parte anche su questo aspetto», ha concluso Arcuri. Che attende dalle Regioni la lista di ospedali e Rsa da dove si comincerà la vaccinazione a gennaio.
I vaccini in pista
Nuove buone notizie arrivano intanto dai laboratori. Il vaccino in sperimentazione dell'università di Oxford, Irbm e Astrazeneca è ben tollerato, soprattutto negli anziani, e induce una protezione immunitaria simile a quella vista nei giovani adulti, come indicano i risultati della fase 2 pubblicati sulla rivista Lancet. Dati che si aggiungono a quelli anticipati da Pzifer e Moderna nei giorni scorsi sull'efficacia dei loro vaccini, che sembrano però provocare in alcune persone effetti collaterali intensi, anche se non pericolosi e di breve durata, ma su cui la rivista Science chiede trasparenza nella comunicazione. Stando ai dati citati da Science sui vaccini a Rna di Pfizer e Moderna, meno del 2% dei volontari ha avuto febbre alta tra 39 e i 40 gradi e con quello di Moderna il 9,7% ha riportato fatica, l'8,9% dolori muscolari, il 5,2% dolori alle articolazioni e il 4,5% mal di testa.
Vaccino Covid, si parte a gennaio tra patentino e ipotesi di ‘obbligo a fasce’ in base all’età. Il piano prende forma, come ha spiegato il commissario Domenico Arcuri.
“Stiamo disegnando un piano dei vaccini, il primo sarà quello di Pfizer e all’Italia arriveranno 3,4 milioni di dosi nella seconda parte di gennaio, che serviranno a vaccinare 1,7 milioni di italiani perché a ogni persona dovranno essere somministrate due dosi”, ha detto.
Il prodotto Pfizer richiede condizioni particolari per la conservazione, con temperature di circa -70/-80 gradi. I frigoriferi “ci sono”, ha detto Arcuri. “Martedì scorso abbiamo inviato alle Regioni una lettera in cui chiediamo di indicarci entro domani i luoghi di destinazione, dove si ritiene più proficuo far arrivare i vaccini. La distribuzione la farà direttamente la Pfizer”, ha aggiunto.
“Sulla base di previsioni non ancora validate una parte importante della popolazione entro il terzo trimestre 2020 sarà vaccinata”, ha detto Arcuri, auspicando che “nel corso del 2021 la somministrazione del vaccino avvenga su larga scala”. Arcuri ha sottolineato in ogni caso che al momento “non sappiamo quanti italiani vorranno fare il vaccino”.
“Stiamo progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire la verifica della somministrazione per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto, per seguire la tracciabilità dei beni sul territorio”, ha detto Arcuri, rispondendo a una domanda sull’ipotesi di un patentino. La soluzione “sarà possibile e sarà il ministero della Salute a stabilire le modalità”.
Si è spinto oltre il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri: “Dovrebbe essere inserita un’obbligatorietà per fasce d’età“, ha detto intervenendo a Piazzapulita. Lo schema “dovrebbe ricalcare quello del vaccino antinfluenzale”, con una particolare attenzione alle fasce fragili e ai soggetti anziani, i più esposti ai rischi del coronavirus.
Per una “protezione di gregge”, ha detto scegliendo una definizione diversa rispetto a ‘immunità di gregge’, è necessario che una ampia fascia della popolazione si vaccini. Per il professor Andrea Crisanti, bisognerebbe superare la soglia del 70% per arrivare a risultati efficaci. Anche alla luce di queste considerazioni, ha ribadito Sileri, “servirebbe un’obbligatorietà legata alle fasce d’età. A mio avviso servirà tutto il 2021 per la vaccinazione”.
Il vaccino contro il Covid-19 sviluppato dalla società AstraZeneca in collaborazione con l'Università di Oxford produce una “forte risposta immunitaria negli anziani”. È quanto risulta dai dati dei primi studi pubblicati sulla rivista medica The Lancet. I risultati della fase uno e della fase due suggeriscono che uno dei gruppi più a rischio di morte o malattia grave da Covid-19 sia in grado di costruire l’immunità. Circa 560 volontari adulti sani hanno preso parte ai test di fase due, in cui sono state somministrate due dosi del candidato vaccino, o un placebo. Non sono stati segnalati effetti collaterali gravi, si legge nella relazione. “Le risposte immunitarie dei vaccini sono spesso diminuite negli anziani perché il sistema immunitario si deteriora gradualmente con l'età, il che rende anche gli anziani più suscettibili alle infezioni. Di conseguenza, è fondamentale che i vaccini Covid-19 siano testati in questo gruppo che è anche un gruppo prioritario per l'immunizzazione”, ha spiegato l'autore principale dello studio, il professor Andrew Pollard, dell'Università di Oxford, Regno Unito. “Le robuste risposte di anticorpi e cellule T osservate nelle persone anziane nel nostro studio sono incoraggianti. Le popolazioni a maggior rischio di malattia grave da Covid-19 includono persone con problemi di salute pregressi e adulti più anziani. Ci auguriamo che questo significhi che il nostro vaccino aiuterà a proteggere alcune delle persone più vulnerabili della società, ma saranno necessarie ulteriori ricerche prima di poter essere sicuri”, ha spiegato il coautore, il dottor Maheshi Ramasamy, dell'Università di Oxford
La pandemia da coronavirus non ha posto fine all’inferno dei wet market, i cosiddetti “mercati umidi”, un termine che deriva proprio dal pavimento scivoloso creato dal sangue e dalle viscere animali cadute a terra e dall’acqua usata per spazzarli via.
A dimostrarlo una video-inchiesta realizzata nelle città di Wuhan, Guangzhou, Dongguan, Guilin, Nanning e Liuzhou in Cina durante il mese di maggio 2020, quando ormai la pandemia si era ampiamente diffusa in tutto il mondo.
Le immagini, realizzate dagli attivisti locali e diffuso da Animal Equality, rivelano che nonostante i terribili mesi che hanno completamente cambiato la vita così come la conosciamo, nei wet market si continuano a vendere e a uccidere animali come tartarughe, rane, anatre, oche, piccioni e altri, riunendo specie che in natura non vivrebbero mai insieme, aumentando così il rischio di trasmissione di malattie tra l'uomo e gli animali.
Non è la prima volta che Animal Equality si infiltra in questi mercati asiatici dove vengono venduti per il consumo animali vivi e morti, selvatici e domestici. Nel 2014 e all'inizio del 2020 abbiamo pubblicato immagini scioccanti dei wet market di Cina, Vietnam e India, che testimoniano l'incuria e la crudeltà con cui questi luoghi operano.
La pandemia da coronavirus non ha chiuso i wet market, la videoinchiesta nell’inferno dei mercati cinesi
«Il nostro team di investigatori ha deciso che era importante monitorare la situazione nei wet market per vedere se con la pandemia le cose fossero cambiate – commenta Alice Trombetta, direttrice di Animal Equality in Italia – . Abbiamo voluto onorare l’impegno preso con l’oltre mezzo milione di persone che avevano già firmato la nostra petizione per aiutare questi animali vengono venduti e uccisi senza la minima considerazione e per porre fine al rischio che questi luoghi rappresentano per l'umanità».
E la sofferenza non è solo un problema per gli animali stessi: a causa delle condizioni di gestione e trasporto, gli animali raggiungono livelli di stress così elevati che il loro sistema immunitario si indebolisce rapidamente, creando così un ambiente perfetto per la diffusione di malattie pericolose.
«È davvero preoccupante vedere le condizioni in cui gli animali vengono trasportati e scambiati in questi luoghi, ma le uccisioni sono ancora peggiori. Gli animali vengono scelti dagli acquirenti e, pienamente coscienti, vengono crudelmente macellati senza alcun controllo sanitario. La situazione non è migliorata per niente», continua Alice Trombetta.
Chiudere i wet market, dove vengono venduti e macellati animali di ogni specie, è l’unico modo per porre fine alle sofferenze degli animali che vivono e muoiono quotidianamente in questi luoghi. Allo stato attuale la petizione di Animal Equality ha già superato le 530mila firme che chiedono la chiusura definitiva di queste realtà.
A fine gennaio 3,4 milioni di dosi di vaccino anti-Covid, da destinare prima agli ospedali e alle Rsa, e una campagna su larga scala a partire dai più fragili.
A fine gennaio in Italia 3,4 milioni di dosi di vaccino anti-Covid, da destinare prima agli ospedali e alle Rsa, e una campagna su larga scala a partire dai più fragili. È quanto prevede una comunicazione inviata dal commissario Domenico Arcuri alle Regioni e, per conoscenza, ai ministri della Salute e degli Affari regionali, per la predisposizione del futuro piano vaccini anti-Covid.
“Come noto – si legge nella comunicazione – l’Italia ha aderito all’iniziativa dell’Ue per l’acquisto del più ampio portafoglio possibile di vaccini” e i primi “potrebbero essere disponibili già a partire dai primi mesi del prossimo anno”.
“In particolare – scrive Arcuri – il vaccino Pfizer, il cui iter di validazione sembra essere, ad oggi, il più avanzato, permetterebbe all’Italia di disporre già da fine gennaio 2021 di circa 3,4 milioni di dosi da somministrare a 1,7 mln di persone. È necessario, pertanto, scegliere il target di cittadini a cui somministrare le prime dosi disponibili”.
Sicuramente se hai i linfociti bassi sei più a rischio ma non solo per il covid ma per tutte le malattie infettive. Usa sempre una mascherina adeguata FFP2, cambiala spesso e mantiene le distanze di almeno 2 metri. Evita i locali non areati in presenza di assembramenti
Salve dipende se il pene e venuto in contatto con la mucosa anale del soggetto. Il contagio avviene se c'è contatto diretto tra la pelle del pene e la mucosa anale. Bisogna sempre fare attenzione nel momento di uscita. Non importa se sia occasionale o no bisogna sempre proteggersi a meno di non chiedere le analisi di tutte le possibili malattie sessualmente trasmissibili dalle Epatiti all' aids
Ciao. Non credo che il tagliente fosse sanguinante tanto da far cadere delle gocce di sangue sulla pelle. Se uno sanguina normalmente si mette un cerotto. La prossima volta per scrupolo chieda al barbiere di mettersi un cerotto. Ma come ripeto sono scrupoli