L’epilessia è una comorbidità frequente nei pazienti affetti da tumori cerebrali e può essere il sintomo di esordio oppure svilupparsi dopo la...
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Musicisti di successo del secolo scorso, con vite spesso travagliate e segnate da drammatiche vicende cliniche legate a gravi malattie neurologiche,...
Insonnia
Il controllo spasmodico dell’ora potrebbe rivelarsi un meccanismo in grado di “agitare” chi cerca di riposare e quindi impedire che si addormenti. Per cui tenere lontani orologi ed altri sistemi di rilevazione del tempo potrebbe rappresentare la contromisura più efficace per non correre rischi. Lo afferma una ricerca coordinata da Spencer Dawson dell’Università dell’Indiana, apparsa su The Primary Care Companion for CNS Disorders. Per giungere a questa conclusione sono stati presi in esame quasi 5000 soggetti in trattamento presso centri specializzati, cui sono stati proposti questionari sulle abitudini, sulla serietà dell’insonnia, sull’impiego dei farmaci e soprattutto sul comportamento tenuto in attesa di cadere nel sonno. Chi aveva l’abitudine di controllare in modo quasi maniacale il tempo che trascorreva sotto le lenzuola senza prendere sonno tendeva ad aumentare l’impiego di terapie farmacologiche, visto che questa “tensione” al controllo delle ore si è rivelata poi foriera di sofferenza e capace di aggravare le turbe legate a carenza di sonno. Si creerebbe infatti un circolo vizioso che porta le persone a preoccuparsi di non dormire a sufficienza per poi passare il tempo
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Cinque consigli contro le cefalee
1. I mal di testa sono curabili e le forme refrattarie sono rarissime;
2. Un buon esercizio è contare quanti mal di testa si hanno in un mese e quanto tempo impiega l'analgesico a funzionare;
3. Non eseguire mai esami diagnostici autonomamente: sarà solo il medico o lo specialista a prescriverli in casi selezionati;
4. Spegnere sempre l'attacco di mal di testa ai primi sintomi;
5. Se però gli episodi fossero almeno 8 al mese, attendere prima di difendersi dal dolore con l'assunzione del consueto analgesico per non correre il rischio di sconfinare nella cefalea da iper-uso di analgesici. Se i giorni di cefalea sono più di 4-5 al mese è giunto il momento di consultare lo specialista per valutare di associare anche una cura preventiva.
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La neurologia è una specializzazione della medicina che studia le patologie del sistema nervoso centrale (cervello, cervelletto, tronco encefalico e midollo spinale); del Sistema periferico somatico (radici e gangli spinali, plessi e tronchi nervosi) e del Sistema nervoso periferico autonomo (gangli simpatici e parasimpatici, plessi extraviscerali e intraviscerali).
In questo gruppo parliamo dei problemi riguardanti la neurologia. Qui potrai inserire le tue domande,
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L’epilessia è una comorbidità frequente nei pazienti affetti da tumori cerebrali e può essere il sintomo di esordio oppure svilupparsi dopo la diagnosi oncologica. Varie evidenze suggeriscono che l’epilettogenesi è relativa a più fattori tra cui uno sbilanciamento tra neurotrasmettitori eccitatori e inibitori, processi infiammatori, meccanismi compressivi e inadeguato apporto di ossigeno e vascolarizzazione al tessuto tumorale e alcuni fattori genetici. Si è discusso di questo durante la sessione dal titolo “Epilessia a eziologia strutturale: focus sull’epilessia tumorale. Approccio farmacologico personalizzato”, in occasione del 62esimo Congresso Nazionale della SNO - Scienze Neurologiche Ospedaliere, in corso a Firenze. A intervenire sul tema la dottoressa Eleonora Rosati, referente del Centro Epilessia dell’ospedale Careggi di Firenze.
“L’epilessia nei pazienti affetti da tumore cerebrale - ha detto la dottoressa Rosati - sembra avere un ruolo peggiorativo sia sulla qualità di vita sia sulla sopravvivenza, in parte per gli eventi avversi dei farmaci anticrisi, in parte per lo scarso controllo clinico dell’epilessia e dell’ipereccitabilità neuronale, che potrebbe avere un ruolo favorente la crescita tumorale”. La scelta della terapia in questi pazienti deve tener conto delle peculiarità relative alla condizione oncologica e delle ipotesi sull’epilettogenesi oncologica. “Non ci sono ad oggi dati provenienti da trials clinici che supportino la scelta dei farmaci anticrisi in questa popolazione di pazienti- ha fatto sapere la neurologa- poiché questi solitamente escludono dall’arruolamento i pazienti tumorali. Non ci sono neanche evidenze che le caratteristiche del tumore possano indirizzare la selezione di un farmaco specifico. Visto che neoplasia ed epilessia condividono meccanismi patogenetici a comune, è ipotizzabile che un trattamento efficace nel contrastare la crescita tumorale potrebbe avere un effetto antiepilettico e viceversa”.
In questo senso, è possibile che alcuni farmaci anticrisi possano essere preferibili rispetto ad altri per il loro potenziale effetto antitumorale. “Tra questi i farmaci con effetto sul sistema glutamatergico - ha fatto sapere Rosati - quelli con attività gabaergica o con ruolo sulla regolazione delle correnti ioniche del cloro, le molecole in grado di interferire con la via mTOR o con la regolazione epigenetica come gli inibitori dell’istone deacetilasi, potrebbero rappresentare ottimi candidati. Purtroppo a oggi non esistono evidenze robuste sulla loro efficacia antitumorale, né che il loro effetto antiepilettico sia maggiore rispetto ad altri farmaci”. La terapia antiepilettica nei pazienti con tumore cerebrale è dunque frutto di una decisione complessa che deve tener conto di più fattori. “Se, in prima battuta, si raccomanda l’impiego di farmaci indicati per l’epilessia focale - ha sottolineato l’esperta - le caratteristiche che principalmente orientano il clinico verso una scelta mirata nel singolo paziente sono l’efficacia e la tollerabilità, vista la frequente farmacoresistenza e l’alta incidenza di eventi avversi in questa popolazione di pazienti”.
Tra gli altri “importanti” parametri di scelta, ci sono le proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche: “Per minimizzare il rischio di interazioni farmacologiche con le terapie oncologiche o quelle usate per altre comorbidità - ha sottolineato ancora la dottoressa Rosati - i farmaci che non siano induttori o inibitori enzimatici sono, infatti, in generale da preferire. Un altro criterio di scelta è rappresentato dalla disponibilità di formulazioni diverse da quella orale, come le formulazioni per somministrazione endovenosa o in soluzione per os, utili ad esempio nella gestione del paziente nelle fasi terminali di malattia o nelle urgenze neurologiche. Anche la possibilità di una rapida titolazione può rappresentare un vantaggio, considerando che la necessità di un rapido cambiamento terapeutico o del trattamento di crisi subentranti sono, in questi pazienti, tutt’altro che infrequenti”.
Gli effetti sulle comorbidità come quella psichiatrica o cognitiva, di frequente riscontro in questa popolazione di pazienti, hanno inoltre un “ruolo importante” nella selezione di un farmaco e fanno propendere per l’impiego di molecole con bassa probabilità di peggioramento delle performance cognitive e di eventi avversi psichiatrici. “In caso di fallimento della prima monoterapia la scelta di passare a una monoterapia alternativa o a una politerapia segue i criteri validi in altre tipologie di epilessia. In caso di politerapia - ha spiegato inoltre la neurologa - dovrebbe essere preferita l’associazione di farmaci con meccanismi di azione diversi sia per incrementare l’effetto sinergico e la possibilità di un controllo delle crisi epilettiche sia per ridurre il rischio di eventi avversi”. Per quanto riguarda la possibilità di sospendere la terapia, non sono disponibili evidenze, ma questo “può essere valutato in relazione alla prognosi tumorale, a una lunga libertà da crisi con stabilità clinica, in presenza di eventi avversi intollerabili e secondo la volontà del paziente, una volta correttamente informato sull’alta probabilità di recidiva clinica. Altri studi - ha concluso infine la dottoressa Rosati - sono necessari per chiarire come la scelta dei farmaci anticrisi e la loro eventuale sospensione possa influenzare la crescita tumorale e di conseguenza l’epilettogenesi”.
Dato che la leucoaraiosi è frequentemente presente in pazienti colpiti dalla Malattia del Filum (MF), nel nostro centro applichiamo il protocollo diagnostico per indagare su di una possibile Malattia del Filum
La tac è uno degli esami utili per studiare l'Alzheimer, non l'unico. Più la TAC è fatta con un macchinario recente (64 o 128 slice le ultime a 256) più l'immagine del cervello può dare informazioni al neurologo. E' oppotruno che suo padre faccia subito un percorso curativo anti ischemie, riabilitazione neurogica ed è fondamentale evitare che questo evento si ripeta perchè potrebbe essergli fatale o portare al coma. Sono eventi gravissimi va subito ospedalizzato e sottoposto ad una serie di esami per controllare sistema cardiocircolatorio ecc.
Pensare a voce alta e ben diverso da avere difficoltà a trovare le parole. Hai fatto qualcosa?
Non credo, non risultano casi in letteratura
La verita' vince su tutto, senza far molte pressioni psicologiche, in un tono disinteressato, è sempre meglio dir la verita', magari anche scherzando, ma è e importante che l'ammalato riconosca la realta' circostante, come faccio da ben 4 anni con mia madre che soffre di un progressivo declino Cognitivo!