Vivere meno e con meno. In principio è stata la pandemia: meno libertà di movimento, meno rapporti sociali, meno scuola, meno lavoro, meno soldi in...
Vivere meno e con meno. In principio è stata la pandemia: meno libertà di movimento, meno rapporti sociali, meno scuola, meno lavoro, meno soldi in...
Superare il litio nel trattamento del disturbo bipolare per controllare le fasi intercritiche. Trattare adeguatamente la malattia in fase di mantenimento, una volta superati gli episodi, è indispensabile per prevenire rovinose recidive e garantire al paziente una vita normale. Attualmente, il gold standard della terapia per stabilizzare l'umore è rappresentato dal litio. Ma i dati evidenziano che solo il 30% dei pazienti risponde perfettamente alla terapia; in tutti gli altri casi, si cerca di migliorare i risultati con i cocktail farmacologici (l'associazione tra litio e valproato è molto comune). Un’ipotesi di lavoro interessante emerge dall’ipotesi che nei pazienti bipolari la degradazione del triptofano sia aumentata e che il litio la riduca grazie ai suoi effetti antinfiammatori. Frederike T. Fellendorf e Mirko Manchia - insieme ad altri colleghi del Dipartimento di scienze mediche e salute pubblica dell'Università di Cagliari - hanno confrontato i livelli dei metaboliti del triptofano nel plasma dei pazienti bipolari con quelli dei soggetti sani, per individuare possibili differenze; dopodiché hanno valutato se esistesse una relazione tra la risposta dei pazienti al litio e i livelli delle sostanze summenzionate.
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La psicologia è la scienza che studia il comportamento degli individui e i loro processi mentali. Tale studio riguarda le dinamiche interne dell'individuo, i rapporti che intercorrono tra quest'ultimo e l'ambiente, il comportamento umano ed i processi mentali che intercorrono tra gli stimoli sensoriali e le relative risposte.Attualmente la psicologia è una disciplina composita, i cui metodi di ricerca vanno da quelli strettamente sperimentali (di laboratorio o sul campo) a quelli più etnograficamente orientati (ad esempio: alcuni approcci della psicologia culturale); da una dimensione strettamente individuale (ad esempio: studi di psicofisica, psicoterapia individuale, etc.), a metodi con una maggiore attenzione all'aspetto sociale e di gruppo (ad esempio: lo studio delle dinamiche psicologiche nelle organizzazioni, la psicologia del lavoro che impiega i cosiddetti "gruppi focali", etc.)
Vivere meno e con meno. In principio è stata la pandemia: meno libertà di movimento, meno rapporti sociali, meno scuola, meno lavoro, meno soldi in tasca. Poi la guerra in Ucraina e l’annuncio di un piano di razionamento da attivare in caso di mancanza di gas: meno illuminazione pubblica, meno condizionatori e meno riscaldamenti. Oggi si aggiunge l’emergenza siccità e il rischio di un contingentamento dei consumi: meno acqua per irrigare le coltivazioni, meno acqua dai rubinetti di casa, meno acqua nelle piscine. È un confronto continuo con le rinunce, con il razionamento, con le limitazioni, da quelle personali a quelle collettive. Ma siamo capaci di sopportarlo?
“L’essere umano è attrezzato per adattarsi a situazioni mutevoli, ce lo insegna la storia. Durante il lockdown abbiamo visto le persone assieparsi fuori dai supermercati per conquistare un rotolo di carta igienica o un panetto di lievito. È durata due mesi, poi la gente ha smesso di mettersi in fila e quella che era una situazione di eccezionalità è diventata quasi la normalità. La storia ci dimostra che siamo in grado di adattarci alle situazioni nel momento in cui accadono. Quello che è controproducente, invece, è vivere nella paura di ciò che succederà e di quanto riusciremo a reggere. L’adattamento è possibile, è vivere nella paura del cambiamento che è intollerabile”. A spiegarlo è Silvana Quadrino, psicoterapeuta e autrice per il magazine Uppa.
“Tutti parlano del futuro e obbligano le persone a fare un esercizio che è inutile e controproducente – continua la psicoterapeuta – oggi l’incertezza viene tollerata poco e il fatto di continuare a dare notizie vaghe, di annunciare possibili cambiamenti in peggio, mantiene le persone in uno stato di allerta che le paralizza. Chi è preoccupato del futuro, infatti, non progetta, non prende decisioni, è fermo. Ecco allora che questo susseguirsi di previsioni e descrizioni di possibili rinunce tiene le persone in una situazione di stallo, una continua attesa della prossima restrizione, o della prossima sciagura”.
La realtà è che “di fronte all’accadimento – continua Quadrino – sia esso la limitazione dell’energia o dell’acqua, la grande maggioranza delle persone si adatta. Quello che distrugge i nervi, ed è causa di sofferenza psichica, è la paura di ciò che accadrà, la paura anticipatoria, questa bisognerebbe evitare di coltivarla e invece sembra succedere l’opposto”.
Salve. ...dopo aver letto questa storia molto difficile e commovente ...le posso consigliare di riflettere e con l'aiuto di una brava psicologa intraprendere cammino -percorso x cercare di aiutarlo in modo che esca da questo tunnel vizioso. Buona fortuna
Voglio rispondere a Laura, non so se sto postando giusto.... comunque....
Intanto grazie, Laura, per la risposta che non mi aspettavo. Io sono una "vecchietta", una cinquantenne e lavoro in una importante azienda privata. Dodici anni fa ha subito un pesante demansionamento, cosa che è durata dieci anni, trascorsi nell'alienazione totale in ufficio (della serie passare la giornata a guardare il muro) mentre prima ero una responsabile di reparto. In questi dieci anni l'azienda mi ha risarcito in tribunale per ben tre volte, ma solo da poco ha deciso di rimettermi in una posizione se non uguale, almeno decente. Ora sto meglio, ma non amo più il mio lavoro.
Come ti ho detto mi sento sicura solo a casa mia e non accetto mai gli inviti degli amici ad uscire, se mi vengono a trovare allora mi fa piacere. Ho solo un progetto nella mia vita, una casa che si trova in un paese di mare, un po' sperduta, dove spero di trasferirmi al più presto possibile.
Grazie tantissimo della tua risposta, spero che le notifiche mi arrivino un po' prima!!
Che senso avrebbe scappare glela daresti solo vinta, pultroppo ti devo svelare questo segreto tua madre da come hai capito da sola non è perfetta come non lo è nessuno a questo mondo, non giudicarla solo su questo aspetto e renditi migliore di lei dimostrando il tuo amore nonostante le avversioni e le problematiche,le tue amiche non sono le tue spose non ci dovrai passare il resto della vita vedila piuttosto come un opportunità per passare del tempo in compagnia uscire e magari conoscere gente migliore di loro e più affini a te senza aspettarti chissà che da loro. La scuola pultroppo ci siamo passati tutti e al 99% delle persone ha fatto schifo pultroppo è così anch'io ci ho sofferto molto finché non ho capito cosa mi piaceva veramente nella vita ho avuto molte passioni e interessi forse proprio grazie al fatto che odiavo la scuola quindi non potevo svegliarmi la mattina e dire:"ma ci sta solo quello schifo di scuola da fare oggi" e quindi ho cercato qualcosa da amare qualcosa che mi realizzasse,e quando trovi qualcosa che ti piace vedrai che ti verrà anche bene farla e quando sarai soddisfatta per essere brava in qualcosa ti alzerei dicendo:"ok ci sta quello schifo di scuola ma almeno poi torno a casa e posso.." e soprattutto potrai dire a chi ti dice: "guarda stai andando male in matematica" "lo so ma almeno io sono brava in questo,e questo realizzera la mia vita e mi renderà felice" ti lascio con la famosa frase di Steve Jobs agli studenti di Stanford "Stay hungry. Stay foolish" e con le parole di Galimberti prese dai greci che invita a ricercare la popria vera natura,il proprio vero talento,il poprio "dáimōn" "demone'
Buongiorno Dott.ssa Pacelli,
a mio modesto avviso, la dipendenza dalla figura del terapeuta è un aspetto molto 'pesante' nella terapia in quanto il paziente in questo modo anziché trovar una via d'uscita in se stesso trova un sollievo, una risoluzione dei propri problemi in qualcosa di esterno. In questo caso, la dipendenza dal terapeuta potrebbe assomigliare molto a quella che si può avere nei confronti di un farmaco...
..."Quindi penso che la chiave sia più che altro quella relativa al non poter dare una spiegazione alla trasformazione (anche se poi in realtà dal punto di vista fisico tutto ha una spiegazione)"....e forse, aggiungo, a qualcosa che lei non può controllare, o evitare, impedire, come gli alimenti, che deperiscono, muoiono. Lei può superare questo problema affrontandolo con la Psicoterapia, affidandosi a un/a terapeuta di sua fiducia.
Egregio Yuriy, solitamente è il neurologo che valuta la tipologia di mal di testa e anche la cura. Eventualmente determinati terapeuti comportamentale sono in grado, desiderandolo, di lenire la sensazione dolorosa con interventi mirati non farmacologici. Comunque la diagnosi è necessaria
Grazie per le risposte.
Dott Zucconi, infatti il problema che si è creato successivamente riguarda proprio la fiducia nel terapeuta.
Dott Vitagliano, la psicoterapeuta non si è mai preoccupata di informare i componenti del gruppo sulle regole riguardanti la risevatezza.
Il problema poi è anche un altro: ho saputo che si è parlato dei miei problemi da una persona presente al gruppo che però non vuole essere coinvolta in eventuali discussioni.Come fare? Grazie!