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Risponde il dott. Pacini
Nel 1999 Columbine: due studenti di 17 e 18 anni sparano e uccidono 12 compagni e 1 insegnante, poi si tolgono la vita. Nel 2012 Sandy Hook: un ragazzo di 20 anni entra in una scuola elementare e uccide 27 persone, 20 delle quali erano bambini. Nel 2018 Parkland: un 19enne uccide 17 tra studenti e docenti della sua ex scuola e ne ferisce un’altra decina. Oggi Uvalde, in Texas: il 18enne Salvador Ramos entra armato nella Robb Elementary School e uccide 19 bambini e 2 maestre.
“La disponibilità dell’uso delle armi è la fonte di queste stragi. Così come lo è per i suicidi con arma da fuoco che negli Usa hanno un numero più alto rispetto all’Europa. Il fatto che da noi le armi non siano a disposizione è un principio di civiltà”. Così Claudio Mencacci, psichiatra, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia e past president della Società italiana di psichiatria, commenta alla Dire quanto avvenuto questa mattina in Texas.
“È un ennesimo dramma - continua lo psichiatra – e la storia di questo ragazzo, stando a quanto si legge dalle prime ricostruzioni fatte dai giornali, sembra essere una classica sceneggiatura: una complessa situazione familiare alle spalle, difficoltà di comunicazione, come il balbettio, un cognome che fa pensare a origini ispaniche, insomma sembra essere il classico ragazzo che può diventare oggetto di bullizzazione a scuola”, evidenzia Mencacci.
“La strage di Columbine aveva aperto il dibattito sull’importanza di contrastare fino in fondo il bullismo, non solo per i danni che produce nell’immediato ma anche per quelli che può produrre nel futuro. In questa strage del Texas, però, abbiamo l’esempio di una situazione in cui non risulta che qualcuno si sia occupato di questo ragazzo. Le reti di prevenzione e di assistenza negli Usa non esistono – sottolinea Mencacci - ed è per questo che io mi batto affinché la salute mentale, e non solo la patologia, venga salvaguardata nel nostro Paese e non vada nel dimenticatoio perché stragi come questa sono una delle conseguenze che si possono avere”.
“In Italia c’è controllo sociale e del territorio, abbiamo situazioni in cui questi giovani, seppur nella carenza di servizi, possono chiedere aiuto. Abbiamo reti di cura e assistenza gratuite che sono accessibili, condizione che negli Usa non è replicabile”. In Salvador Ramos “ci sono segni di discontrollo emotivo, isolamento sociale, discontrollo degli impulsi. Una grande sofferenza prima e una grande rabbia dopo a cui si aggiunge l’atto finale ossia che tutto questo viene armato”, evidenzia lo psichiatra.
“Qualunque adolescente, preso nella sua tempesta di trasformazione, cerca di trovare una mediazione tra l’impulsività, le emozioni e la ragione. Ma se viene autorizzato legalmente ad armarsi è chiaro che viene introdotta una variabile difficile da gestire. Allora - continua Mencacci - dobbiamo interrogarci sul fatto che il contesto sociale di fatto facilita un’espressione così tragica della violenza, arma le fantasie più distruttive. Il primo atto che questo ragazzo sembra aver fatto al compimento dei 18 anni non è comprare un motorino o una macchina, come potrebbero fare da noi tanti giovani, ma acquistare dei fucili. Avere a disposizione delle armi con tanta facilità vuol dire armare mortalmente l’impulsività, espone a dei rischi altissimi”.